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Insegnare a “parlare direttamente in testa” potrebbe aiutare le persone con autismo?

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Lo studio condotto dal prof. Chris Jarrold della Scuola di Psicologia Sperimentale di Bristol ha scoperto che il discorso interiore è presente anche nei bambini autistici ma non con le stesse modalità che nei bambini normodotati. Gli psicologi hanno trovato che l’uso, o la mancanza di, discorso interiore è fortemente legato al grado di difficoltà di comunicazione che trova le sue radici nella prima infanzia. Tuttavia i ricercatori suggeriscono  che può fare la differenza  insegnare ad introdurre strategie di intervento atte  a favorire il discorso interiore nei bambini.
Queste strategie, che includono l’incoraggiare i bambini a descrivere a voce alta le loro azioni, si sono già dimostrate utili per aumentare la flessibilità nei bambini normodotati.
Gli studiosi sono anche dell’idea che per i bambini con  ASD sia più proficuo apprendere verbalmente il loro programma scolastico quotidiano anziché presentare l’orario scolastico con rimandi visivi, approccio usato comunemente.
L’autore dell’esperimento, il Dott. David Williams, docente presso il Dipartimento di Psicologia dell’Università di Durham, ha affermato che la maggior parte delle persone parla interiormente per risolvere problemi: ciò aiuta a pianificare ed affrontare attività particolarmente complesse. I bambini con sviluppo tipico parlano ad alta voce per guidare se stessi quando devono affrontare compiti impegnativi.
Tuttavia solo all’età di sette anni riescono a realizzare un discorso interiore (“parlarsi in testa”) per affrontare qualsiasi problem-solving.  Questa abilità  è in parte determinata dalle esperienze comunicative avvenute durante la loro infanzia.
Una persona ogni 100 nel Regno Unito è autistica. L’autismo è diagnosticato sulla base di alcune inabilità relative alla socievolezza, alla flessibilità comportamentale e alla comunicazione.
I bambini autistici non realizzano i primi scambi comunicativi quando sono piccoli; ciò può spiegare la loro tendenza nel non usare il discorso interiore quando sono più grandi.
Questa relativa mancanza di discorso interiore può contribuire a causare alcuni dei comportamenti ripetitivi, aspetto comune nelle persone con autismo.
Inoltre, dalla ricerca risulta che gli individui con forti difficoltà comunicative si sforzano maggiormente anche nell’utilizzo del discorso interiore per svolgere attività complesse. Le persone autistiche, tuttavia, usano il discorso interiore per richiamare termini all’interno della loro memoria a breve termine.
Il dottor William ha asserito che i risultati della ricerca dimostrano che il discorso interiore affonda presto le sue radici nella comunicazione interpersonale  della vita di una persona, e che chi è povero nella comunicazione con gli altri, lo è anche verso se stesso. Secondo il dottor William lo studio dimostra, inoltre, che c’è una critica distinzione tra l’essere capaci di esprimere se stessi verbalmente e usare il linguaggio silenzioso/discorso interno per il problem-solving. Il dottore, infatti, dichiara che nello studio condotto hanno partecipato persone autistiche verbali che, però, non sono state in grado di usare il discorso interiore  per  pianificare le loro attività.
Caroline Hattersley,  dell’ ufficio informazioni e consulenza alla National Autistic Society ha affermato che lo studio presenta risultati interessanti che potrebbero migliorare la nostra conoscenza sull’autismo.  Se i risultati venissero replicati su scala più ampia, si potrebbe ottenere un impatto significativo sul modo in cui si sviluppano le strategie per supportare i bambini con disabilità.
Nello studio 15 adulti autistici ad alto funzionamento e 16 partecipanti come gruppo di controllo, sono stati invitati a completare un compito comunemente usato che misura la capacità di pianificazione, detto la Torre di Londra.
Il compito consiste nel disporre cinque dischetti colorati su tre singoli pioli. Lo scopo dell’attività è quello di cambiare la disposizione dei dischi spostando gli stessi da un piolo all’altro, un disco alla volta, nel minor numero di mosse possibile. Questo tipo di attività di pianificazione complessa è aiutata dal discorso interiore, ossia dal cosiddetto “parlarsi in testa”.
I partecipanti hanno svolto l’attività sia in condizioni normali sia sotto sforzo articolatorio: dovevano ripetere a voce alta una parola mentre svolgevano l’attività vale a dire, in questo caso, o la parola martedì o giovedì. Lo sforzo articolatorio, ossia il ripetere a voce alta le parole, impedisce alle persone, abituate ad usare il discorso interiore per pianificare le loro azioni, di usare il discorso interiore e compromette la loro prestazione della pianificazione dell’azione. Al contrario, ciò avrà un impatto minimo sulle prestazioni di pianificazione per le persone che non usano un linguaggio interiore.
I risultati hanno mostrato che mentre circa il 90% delle persone con sviluppo tipico hanno svolto in modo peggiore l’attività “La torre di Londra”, quando si chiedeva loro di ripetere la parola, solo un terzo delle persone autistiche erano influenzate negativamente dal ripetere a voce alta la parola richiesta durante lo svolgimento della suddetta attività. Questo suggerisce che, a differenza degli adulti neurotipici, i partecipanti autistici solitamente non usano il discorso interiore per aiutarsi nel pianificare le attività.
I partecipanti hanno svolto anche un’attività legata alla memoria a breve termine per valutare l’uso del discorso interiore con un richiamo a breve termine.
La ricerca è stata finanziata da una borsa di studio della City University London nei confronti del ricercatore e supervisore del progetto.
Riferimento. “Il discorso interiore serve per fare da mediatore con la memoria breve termine ma non con la pianificazione negli adulti con autismo ad alto funzionamento”, William, Jarrold e Bowler, pubblicato dalla Cambridge University Press, all’interno di Development and Psychopathology, Gennaio 2012.
Traduzione a cura di: Prof.ssa Alessia Gnata
Fonte: http://www.bris.ac.uk/expsych/news/2012/35.html

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